Edizione elettronica integrale del testo pubblicato in "Manipolazione", Anabasi, 1993
pubblicata da Letterio Furfaro il giorno lunedì 27 dicembre 2010 alle ore 1.04
Umberto Santucci
Edizione elettronica integrale del testo pubblicato in "Manipolazione", Anabasi, 1993
Multimedialità, realtà virtuale e
manipolazione
La mano è per l’uomo il docile e subordinato servitore della mente. L’idea del lavoro «manuale» come attività di rango inferiore rispetto al lavoro «intellettuale» dipende probabilmente da questo. Eppure alla «manualità» vengono riconosciute eccellenza e arte: è alla mano del pittore, del chirurgo, al tocco del pianista, che si attribuiscono produzioni o esecuzioni qualitativamente superiori.
Doppia valenza ha anche il termine manipolazione: secondo una prima accezione, con essa si vuole intendere l’intervento diretto della mano sulla materia. Ma prevale una seconda accezione, simbolica e negativa, che indica un’azione dissimulata nei confronti di qualcuno (non più su qualcosa) di cui si voglia condizionare la psiche e di conseguenza il comportamento.
La manipolazione ha a che fare quindi sia con la mano sia con la psiche. Manipolatori e manipolati possono conoscersi, come avviene nei rapporti diretti fra persone, o ignorarsi reciprocamente, come avviene per molta comunicazione di massa.
Manipolare individui implica «occultamento»: il destinatario non deve essere informato degli obiettivi reali che ci si aspetta di ottenere da lui. La definizione dell’Oxford Dictionary di to manipulate è: «manage a person by dextrous (expecially unfair) use of influence». II manipolatore deve essere poco trasparente, ma al tempo stesso deve avere influenza (per livello gerarchico, per potere psichico, per denaro, per autorità) e deve saper condurre le persone nella direzione voluta.
Come la stessa mano può dare uno schiaffo o una carezza, può rompere un ramo o coltivare un fiore, la manipolazione può far danno o essere costruttiva, di conforto o di aiuto.
Ma chi manipola chi? E’ difficile dirlo. La manipolazione è possibile quando circola poca informazione. Società segrete, servizi segreti, segreti militari e politici, comportano forti rischi di manipolazione. Ma l’informazione che passa da una frontiera all’altra, che col satellite collega i continenti, ha fatto crollare il muro di Berlino senza nessuna barricata e senza nessuna battaglia. Se è vero che siamo manipolati da informazioni non trasparenti o addirittura ingannevoli, da depistaggi, da commenti di parte, il nostro livello di consapevolezza rispetto alle nostre reazioni e al nostro consenso è tuttavia molto maggiore. E da vittime passive di strategie occulte siamo oggi a nostra volta manipolatori delle emittenti televisive, dell’editoria, dei leader politici e culturali.
La multimedialità
La civiltà postindustriale informatizzata tende al multimediale. L’edicola non vende più solo il giornale, ma pacchetti che contengono carta stampata, compact disc, videocassette, floppy disc. Le grandi concentrazioni editoriali comprendono case editrici, emittenti televisive, agenzie di pubblicità, produzioni audiovisive. Negli ultimi cinquant’anni sono entrati nelle nostre case il quotidiano, poi il telefono, quindi la radio, il registratore magnetico, la televisione,:il fax, il videoregistratore, il personal computer. Il computer si è evoluto da macchina per la scrittura e il calcolo a potente stazione capace di trattare suoni, immagini, parole, numeri, bit, di trasformare linguaggi umani in informazioni digitali facili da elaborare, spedire, duplicare, archiviare, ridecodificare come stampe su carta, musica, immagini a colori, fotografie e persino oggetti tridi-mensionali.
La multimedialità rappresenta oggi la possibilità di trattare, con un unico sistema tecnologico e con una sola stazione di lavoro, linguaggi diversi integrandoli tra loro. L’integrazione tra linguaggi diversi non costituisce una novità: già la tragedia greca o il melodramma italiano integravano parole, musica, danza, scene, immagini. La novità sta nel fatto che la «macchina» per fare tutto ciò sta tutta su un unico tavolo, si collega per telefono con macchine simili in qualsiasi parte del mondo e permette a chi interagisce con essa di essere a1 tempo stesso lettore, autore e regista di una performance.
L’integrazione di linguaggi amplierà le capacita di conoscenza e di comunicazione, rendendo accessibile il superamento di quella spaccatura, che per millenni la comunità umana ha sofferto, tra l’analfabeta, che doveva accontentarsi di immagini e suoni, dipendendo da altri per le necessarie spiegazioni, e 1’alfabetizzato che sapeva leggere, scrivere e far di conto. Ancor oggi ci sono gli specialisti dello scrivere, quelli dell’immagine, quelli della, musica. Domani sarà sempre più frequente trovare persone capaci di maneggiare nella stessa operazione segni alfabetici, numeri, icone, immagini, musica, in una comunicazione sempre più integrata e multimediale.
Trasformabilità reciproca tra codici analogici e digitali
La tecnologia dell’informazione ha sviluppato i sistemi di codifica e decodifica, facilitando la trasformazione della stessa informazione da analogica a digitale e viceversa, e riuscendo a comprimere le informazioni per agevolarne la memorizzazione, l’elaborazione, la trasmissione. Lettere e numeri sono sistemi di comunicazione digitali, combinatori: pochi elementi di base servono a descrivere infiniti argomenti di qualsiasi genere. La rappresentazione ana1ogica consiste nell’usare suoni per esprimere realtà sonore, immagini per esprimere realtà spaziali, movimenti per esprimere realtà cinetiche.
Oggi è possibile «digitalizzare» immagini e suoni, tradurre cioè caratteristiche di forma, colore, timbro, in valori numerici che possono essere elaborati da un computer, trasmessi velocemente da un capo all’altro del globo, immagazzinati in un disco. Ed è possibile ridecodificare i dati numerici indifferentemente in suoni, immagini o quant’altro.
E’ il regno della manipolabilità, nel senso che è possibile intervenire su qualsiasi informazione come si fa con la creta. Non a caso i manuali di istruzioni per 1’uso suggeriscono di non esagerare con le manipolazioni, pena le «marmellate informatiche».
Virtualità
La possibilità di elaborare le informazioni digitalizzate ci porta a considerare un’altra caratteristica della multimedialità: la virtualità. L’oggetto fisico si dissolve nel suo «doppio» informatico, che in un gioco di specchi lo rimanda ad altri oggetti, ad altre materie, ad altre funzioni.
A differenza della macchina industriale, predisposta a svolgere quell’unica funzione per la quale è stata costruita, ogni tasto del computer fa una cosa ma può farne anche una qualsiasi altra: basta «dirglielo». Il monitor può rappresentare le immagini con diversi livelli di accuratezza: basta «dirglielo». Il computer può simulare altri computer, così come può simulare ambienti disparati di lavoro. Nella scrittura al computer il virtuale e il reale si ribaltano in ogni momento 1’uno nell’altro: se da una parte possiamo produrre da soli uno stampato, dall’altra lo stampato vede ridotta la propria ufficialità e può costituire un semplice appunto momentaneo, una traccia da leggere e gettare.
Portatilità
La tecnologia tende a miniaturizzare sistemi e apparecchiature, rendendoli mobili e portatili. Strumenti nati per servire una collettività o un gruppo di persone tendono a diventare personali. Il fenomeno è già accaduto al libro. All’inizio era un grande volume in folio, messo su un grosso leggio al centro del coro dei monaci e letto durante un rituale collettivo. Man mano è diventato più piccolo, meno impegnativo, fino a diventare il pocket book.
Ed è accaduto anche all’orologio, che all’inizio era un intero edificio, poi ne fu una parte (la meridiana, 1’orologio sulla torre), quindi fu ridotto a dimensioni minime e diventò 1’orologio personale da portare al polso o nel taschino.
L’elettronica ha reso il fenomeno clamoroso. La valvola termoionica, grande come una lampadina, è diventata un transistor, piccolo quanta una caramella. Tanti transistor, montati su una scheda delle dimensioni di un foglio protocollo, sono stati ridotti in uno stampato piccolo quanto un bottoncino. II processo è continuatu con la VLSI, la very large scale of integration, alta tecnologia che può ridurre un intero calcolatore in un chip, una sottile pillola di silicio. Oggi il computer che sta nella valigetta ventiquattrore equivale in potenza e velocità di calcolo a qualcosa che nei primi anni ’50 occupava parecchie stanze. La stessa valigetta può contenere anche un telefono cellulare, un fax, una stampante e un modem che permetta di inviare e ricevere per telefono i dati del computer. Si può portare con sé l’intero ufficio, riducendo cosi le possibilità di manipolazione da parte delle gerarchie e aumentando la possibilità di manipolare le componenti della propria attività rispetto alle esigenze del momento.
Telematica
Un sistema telematico di uso comune è il fax (telefax significa trasmissione a distanza di un facsimile). La cosa straordinaria che il fax consente è il fatto di spedire una lettera via telefono, una lettera che rimane in mano nostra e si riforma dall’altra parte della linea. Lo scambio di informazioni, a differenza della scambio di merci, non priva di nulla colui che le invia.
In campo telematico, la più recente conquista è il già citato modem, un apparecchio che trasforma i dati digitali del computer in suoni (frequenze) da trasmettere per normale via telefonica. Esso permette di ricevere informazioni da qualsiasi luogo, di elaborarle e correggerle, di trasformarle in un testo diverso e di rispedirle in qualsiasi altro luogo. Il modem si serve delle normali linee telefoniche. Ma una rete internazionale con tecnologia molto avanzata è stata appena lanciata e presto sarà diffusa in tutto il mondo. Si tratta dell’ISDN, integrated system digital network, che trasforma qualsiasi informazione in dato digitale ed è quindi in grado di trasmettere parole, immagini, suoni, molto velocemente e a costi limitati.
Anche la comunicazione a distanza non è nuova. Dai segnali di fumo della preistoria all’invio di lettere con la ferrovia, dal tam-tam at telefono e al telegrafo, dagli araldi alla radio e alla televisione, abbiamo sempre cercato di accorciare le distanze. La telematica permette oggi il trasferimento di dati in tempo reale, da un computer all’altro, servendosi di linee telefoniche.
Oggi è possibile far collaborare a uno stesso progetto scienziati residenti in luoghi tra loro lontani, facendo circolare istantaneamente solo le loro idee. Si può collaborare a un medesimo progetto con persone mai fisicamente incontrate. Si disgrega così anche la tradizionale funzione del luogo di lavoro: decade improvvisamente la necessità di recarsi in ufficio, se le stesso urgente lavoro può essere svolto ovunque e inviato istantaneamente all’altro capo del mondo.
Interattività
Se 1’interazione è il comportamento reciproco di due sistemi nel momento in cui entrano in contatto tra loro, col termine interattività si vuole intendere la capacità di due sistemi di agire l’uno sull’altro, modificando le loro reciproche esperienze e comportamenti, a seguito delle interazioni avvenute. La sequenza che va dalla battitura di un tasto della macchina da scrivere alla stampa sul foglio del carattere corrispondente è un’interazione, ma la macchina da scrivere è in grado solamente di rispondere alla pressione sul tasto con quell’unico esito. Operando invece con un «sistema esperto», quale ad esempio un correttore ortografico, il sistema è in grado di confrontare le parole ricevute con quelle che ha precedentemente memorizzato e di evidenziare a chi scrive gli eventuali errori. Nel caso non si tratti di un errore ma di una parola che ancora non conosce, il sistema aggiungerà alla propria memoria la parola nuova. In tal modo il sistema continua a «imparare», divenendo così un correttore sempre più esperto.
Esistono sistemi esperti ben più complessi, come robot che «imparano» da un operatore manuale alcuni movimenti che poi sono in grado di riprodurre in una lavorazione in serie.
L’interattività permette di esaminare un edificio da punti di vista diversi, come se si stesse su un elicottero. Nei giochi di simulazione, a ogni nostro intervento su uno scenario determinato il computer calcola le conseguenze e aggiorna lo scenario. Ci sono diversi tipi di giochi di simulazione, il più complesso è il simulatore di volo, con cui i piloti si addestrano per imparare a volare. Nel posto di pilotaggio di un simulatore, al posto del reale parabrezza vi sono schermi che riproducono una realtà geografica artificiale. E’ su di essa che ci si alza in volo. Se si entra in un banco di nebbia, le immagini sugli schermi si appannano e i co1ori tendono al grigio. Se l’aereo cambia assetto inclinandosi, le linee d’orizzonte del simulatore si incliaano allo stesso modo.
I moderni personal computer con estensioni multimediali (lettore di CD-ROM, scheda audio, microfono, altoparlanti) ci mettono in condizione di interagire con corsi di lingue, programmi di musica, matematica, scienze, titoli di storia dell’arte, ecologia, enciclopedie e dizionari, giochi. Per esempio, vi sono CD-ROM che contengono tutta una città d’arte come Venezia, in cui si può «navigare» per vedere monumenti, opere d’arte, per conoscere notizie storiche, per ascoltare la musica di Vivaldi.
Se 1’interattività è già molto efficace in un sistema chiuso (il simulatore di volo, il personal computer) essa diventa straordinariamente potente in una rete telematica. Abbiamo già fatto l’esempio di un gruppo di progetto i cui collaboratori siano distribuiti in luoghi diversi: se i singoli componenti del gruppo hanno la possibilità di collegarsi con una banca dati che li metta in contatto con le biblioteche più importanti del mondo, il progredire della ricerca ne viene immensamente avvantaggiato. Tutto ciò è già possibile, ma comincia solo ora a diventare multimediale. Quando la multimedialità, ovvero la possibilità di organizzare archivi che contengano parole, suoni e immagini, sarà normalmente diffusa, si potranno consultare e utilizzare grandi patrimoni di conoscenza integrata: oltre a ottenere le informazioni desiderate, potremo vedere le immagini corrispondenti (quadri, edifici, piani urbanistici, pezzi meccanici, campioni merceologici, eccetera), potremo sentirne il suono (rumori di lavorazione, suoni tecnici, voci di animali, rumori e suoni fisiologici come il battito del cuore o il respiro, e naturalmente musica).
L’ipertesto
Quanto più un navigatore basa la rotta sui propri sensi e sulle informazioni che è in grado di tenere direttamente sotto il proprio controllo cosciente, tanto più i rischi di naufragio sono alti. Il navigatore può vedere solo una piccola parte di mare e non sa che cosa può accadergli un’ora o un giorno più tardi. Anche nel mare del sapere si può tenere presente e gestire solo un numero limitato di informazioni. Tutti i libri di consultazione, dalle enciclopedie ai manuali di storia, geografia, finanza, sano archivi di informazioni che permettono di liberare la stazione dalla quale si opera (che può essere la nostra mente e il tavolo da lavoro) di tutto ciò che non serve al momento, accedendo alla loro consultazione se e quando necessario. L’archiviazione deve essere fatta in modo da non occupare spazio eccessivo, nè la consultazione deve richiedere troppo tempo: le informazioni devono poter essere ritrovate con procedimenti facili e rapidi. Fin dall’antichità la biblioteca raccoglie una grande quantità di libri, li cataloga in vari modi (per autore, per argomento, per anno di edizione), organizza i cataloghi in ordine alfabetico, contrassegna scaffali e ripiani con combinazioni di lettere e numeri in modo tale da garantire 1’individuazione inequivocabile di un testo cercato. Con analogo criterio, all’interno del singolo libro, gli indici rimandano alla numerazione delle pagine. Enciclopedie, dizionari e guide, riferiscono le singole voci ad altre per maggiori approfondimenti. Un testo, ovvero ogni singola voce, è dunque organizzabile in una complessa rete che la collega ad altri testi, una sorta di foresta invisibile, fatta di tanti alberi le cui chiome e radici si intrecciano fra loro. I testi sono organizzati in un insieme che li supera e li contiene, una struttura invisibile, accessibile in qualsiasi momento, capace di collegare con criteri logici i singoli testi. Se testi e strutture sono organizzati in un sistema informatico, si parla di ipertesto.
Le prime teorie sull’ipertesto furono proposte da Vannevar Bush nel 1945 per un sistema di archiviazione basato su microfilm e da lui studiato per il presidente Roosevelt. Ma solo oggi il computer ha reso possibile e accessibile a molti la rapida gestione dello storage and retrieval, 1’archiviazione e il ritrovamento delle informazioni, e quindi lo sviluppo commerciale dell’ipertesto. Il testo si legge dall’inizio alla fine, come un racconto, un romanzo, un processo logico deduttivo. Con l’ipertesto ci si sposta per associazioni da un argomento all’altro ed è possibile tornare indietro, fino al punto di partenza. L’ipertesto si basa su quella che in informatica viene definita «interfaccia utente amichevole», ovvero su una simulazione grafica che appare sul monitor del computer e mostra nel modo più intuitivo possibile («amichevole») come muoversi fra le informazioni archiviate nell’ipertesto. L’interfaccia utente prevede che ci si muova per mezzo del mouse, un «topolino» di plastica che si tiene in mano e si sposta sul tavolo. Al posto delle zampette, il mouse ha una pallina mobile che tocca la superficie del tavolo e che muovendosi fa girare due rotelline poste al suo interno, che trasmettono al computer una i valori di x, l’altra i valori di y. Il computer è cosi in grado di localizzare gli spostamenti del mouse e di indicarli sul monitor. Qualora ci si perda inseguendo successive consultazioni, un buon ipertesto ricorda i movimenti fatti ed è in grado di ritornare indietro, in qualunque punto della consultazione, e negli indici che permettono una visione generale degli argomenti.
Se il testo è qualcosa di immutabile, da leggere così come è stato scritto dall’autore, 1’ipertesto è concepito in partenza come qualcosa di manipolabile. Ci sono ipertesti che prevedono l’intervento del fruitore e gli permettono di scrivere nuove frasi, fare calcoli, aggiungere dati, cambiare forme e colori. Un ipertesto con ampie possibilità di apertura e di combinazione con altri ipertesti può dar luogo ad aggregazioni che non erano state previste dagli autori. Il testo è uno strumento di manipolazione a disposizione dell’autore, in quanto predispone una sequenza rigida di avvenimenti e argomentazioni. E’ la stessa sequenza a determinare l’importanza e il significato di un enunciato all’interno di essa. L’ipertesto invece è uno strumento di manipolazione a disposizione del fruitore, perchè è lui che decide se restare sulle generali o entrare nei particolari, che sceglie gli argomenti da approfondire, che in qualsiasi momento può tornare a una visione generale del problema.
La realtà virtuale
Stando al centro di Piazza del Duomo a Milano, con un’occhiata è possibile vedere tutta la facciata della chiesa. Ma per vedere nei particolari la Madonnina, bisogna salire sul tetto del Duomo.
Il monitor del computer è una finestra virtuale attraverso cui osservare porzioni altrettanto virtuali del mondo; questo accade davanti a qualsiasi monitor, dallo schermo televisivo al display del computer portatile. Con la televisione non sono io a scegliere la porzione di ciò che voglio vedere: altri hanno orientato la loro telecamera sulla porzione di realtà che ritengono possa interessarmi. Con il computer si può ingrandire una parte di ciò che si vede sul monitor, avvicinando virtualmente il proprio osservatorio in modo da inquadrare solo il particolare che interessa. Le dimensioni del monitor rimangono uguali, cambiano solo le inquadrature. Il monitor è come una finestra che si apre su una realtà più ampia, o meglio è come 1’oblò di un sommergibile con cui ci si muove entro un ambiente di cui si vede solo ciò che appare dentro l’oblò. Ma la realtà che sta oltre il monitor non esiste fisicamente, è calcolata di volta in volta dal computer, è dunque una realtà virtuale.
Siamo rimasti a lungo al di qua dello schermo televisivo, che lanciava messaggi in una sola direzione, da sé verso di noi. Col telecomando e il videoregistratore abbiamo acquisito la capacità di scegliere fra tutto ciò che avveniva all’interno del monitor, ma continuiamo a restare al di qua del monitor. Con una telecamera possiamo inserirci nel monitor, ma ciò che vi entra è solamente la nostra immagine: noi restiamo sempre al di qua. Pare che non ci sia concesso di entrare davvero nel monitor. Astolfo che va sulla luna in groppa all’Ippogrifo, Alice che entra nel Paese delle Meraviglie, sono soltanto favole. Noi restiamo nella nostra realtà.
Ci ha sempre affascinato la possibilità di rappresentare uno spazio tridimensionale: basti pensare alla ricerca prospettica della pittura rinascimentale. La computergrafica ci ha permesso di costruire oggetti con le tre coordinate x, y, z e di muoverli in uno spazio vrtuale. Le sigle televisive che ci danno l’impressione di volare su paesaggi artificiali, girando intorno a oggetti ed entrando in essi, sono realizzate con programmi di grafica tridimensionale. Ma non si tratta ancora di una vera percezione tridimensionale: per ottenerla è necessario che la nostra visione sia binoculare, poiché è la convergenza dei nostri due occhi a darci la sensazione della profondità spaziale. Per riprodurre artificialmente la visione binoculare si è creato un casco con due piccoli monitor, uno per occhio. Il computer invia ai monitor due immagini leggermente sfalsate, come quelle che effettivamente vedono i nostri due occhi: è il cervello a operarne la sintesi, dandoci l’illusione della tridimensionalità. Il mouse si muove su un piano (bidimensionale). Per orientarci nelle tre dimensioni non è più sufficiente. Allo scopo è stato studiato un «guanto tridimensionale» o 3D glove che si indossa su una mano per trasferirne i movimenti a una mano virtuale che vediamo nel monitor. Altri sensori possono essere applicati a una tuta, cosa che ci permette di trasferirci con tutto il corpo all’interno del programma, di muoverci e di operare dentro di esso. Se giriamo la testa, l’ambiente scorre davanti ai nostri occhi in base al nostro movimento. Se con la mano afferriamo un oggetto e lo scagliamo lontano, l’oggetto volerà e cadrà nello spazio virtuale in base alla forza con cui lo abbiamo scagliato. Questi sono i principi di funzionamento della realtà virtuale, che è ancora ai primi passi, ma che già ha rotto la barriera ideale fra noi e il monitor. Saltar dentro un ambiente di realtà virtuale è un’esperienza ben diversa dall’assistere alla norma1e proiezione di un film. Elemire Zolla si è entusiasmato di fronte a questa nuova opportunità e ha immaginato che essa possa costituire una pratica meditativa di «uscita dal mondo», sulla scia delle antiche pratiche spirituali dei mistici e degli sciamani. C’è chi ne coglie il puro aspetto ludico, chi immagina addirittura il sesso virtuale, e già sono stati prodotti videogame dove ci si deve difendere con le mani da piccoli aerei che sembrano venirci addosso. A tutt’oggi i media, specialmente i settimanali di grande diffusione, hanno presentato la realtà virtuale come qualcosa di magico e di fantastico, con cui è possibile viaggiare in paesi lontani senza muoversi da casa, perdersi in mondi di sogno, vivere da protagonisti avventure straordinarie. In realtà la rappresentazione grafica degli ambienti virtuali per ora è ancora piuttosto schematica e i computer con caschi e guanti sono ancora troppo costosi. Nondimeno la strada imboccata avrà certamente notevoli possibilità di utilizzazioni professionali. In campo scientifico ad esempio, si potrà prendere in mano una molecola virtuale e plasmarla come se fosse un oggetto reale, cambiandone la struttura nelle tre dimensioni e ottenendo in tal modo una molecola diversa. Si potrà entrare virtualmente in realtà le cui dimensioni sono oggi inaccessibili - come la doppia elica del DNA o una galassia – e manipolarle. Si potranno ricreare virtualmente oggetti e ambienti tridimensionali inesistenti, ma capaci di rappresentare problemi filosofici, psichici, linguistici, per poterne manipolare le componenti come se si trattasse di oggetti fisici da spostare e combinare per vedere che cosa succede. Per esempio le componenti sintattiche di un periodo potrebbero combinarsi fra loro in una struttura ad albero che faccia vedere la proposizione principale, le coordinate e le subordinate. Il taglio di un ramo, lo spostamento di un elemento, potrebbero dar luogo a diverse forme letterarie del periodo. La manipolazione acquisterà così una dimensione euristica, perchè potrà essere applicata a realtà immateriali, a strutture concettuali e organizzative, a costruzioni logiche complesse. Azzardando delle ipotesi, si potranno studiare strutture di pensiero bidimensionali (una deduzione logica), tridimensionali (un sistema organizzativo con piani orizzontali, linee gerarchiche, proiezioni future) e non euclidee (comportamenti coscienti e desideri subconsci), ma invece di formulare ipotesi e trarre conseguenze mentalmente, si potrà modificare un elemento manualmente (in senso virtuale) per vedere come questo inciderebbe sulla struttura nel suo complesso, razionalizzandone a posteriori il processo.
Uno scenario possibile
Il nostro futuro potrebbe essere quello di soggetti capaci di ricevere una grande quantità di informazioni e di prendere quelle che ci servono, facendole crescere in un rigoglioso sistema di conoscenza.
La comunicazione di massa ci ha portato a gridare sempre più forte, in un clamore nel quale le informazioni si muovono con difficoltà crescente, ci ha sommerso di tanti e tali messaggi da renderci pressoché impossibile distinguere l’utile dal superfluo, il vero dal falso. Oggi dobbiamo inventare nuovi modi di comunicare non assordanti, ma che consentano l’accesso e la selezione delle informazioni richieste a chi le desidera. La civiltà industriale doveva realizzare economie di scala, perché i costi di produzione diminuivano quanto più aumentava la quantità dei beni prodotta. L’ideale per l’industria era fare un prodotto uguale per tutti, da vendere a tutti. La catena di montaggio era concepita in modo da produrre la massima quantità nel minor tempo possibile. Anche per l’informazione, un solo giornale che accontentasse il maggior numero di persone era preferibile a tanti giornali da stampare in un numero di copie ridotto. La pubblicità martellante e ripetuta era l’unica forma con cui si comunicava al grosso pubblico l’esistenza di un prodotto da acquistare.
La civiltà postindustriale si fonda sulle tecnologie dell’informazione. La catena di montaggio robottizzata e pilotata da computer è flessibile, nel senso che la stessa catena può produrre oggetti con caratteristiche diverse. La rapidità doelle informazioni permette di ottimizzare i flussi tra produzione, magazzini, distribuzione, consumo. Oggi non c’è più bisogno di riempire i magazzini con grandi scorte, perché si può produrre solo quello che i clienti chiedono. Anche nella comunicazione i mass media tendono a frantumarsi e a differenziarsi a seconda del luogo in cui arrivano o del tipo di pubblico che intendono raggiungere. Dalla comunicazione di massa stiamo evolvendo verso una comunicazione personale. Oltre il giornale e la televisione ci sono il fax e il Videotel. Le nuove tecnologie permetteranno la moltiplicazione di linee telefoniche e di stazioni televisive, con possibilità di scelta più ampie e articolate. Già adesso ci sono stazioni televisive che trasmettono solo sport o notizie.
Gli strumenti della comunicazione, il telefono, la fotocopiatrice, il fax, il computer, sono già diventati portatili, tascabili, personali. Anche i messaggi devono arrivare a muoversi a livello personale. Non dovremo aver bisogno di comprare un giornale uguale per tutti, ma potremo collegarci con banche dati che ci inviano solo le notizie che ci servono. Le nuove tecnologie ipertestuali e telematiche ci aiuteranno dandoci ampi quadri di riferimento e permettendoci di accedere nel più breve tempo possibile alle informazioni che ci occorrono, fino al livello di approfondimento che desideriamo, riducendo la confusione e il rumore. Non più e non solo manipolati dai mass media, diventeremo sempre più manipolatori dei media, di linguaggi, di messaggi. Ma dobbiamo prepararci a questi nuovi scenari. Dobbiamo imparare a distinguere tra messaggio attivo e patrimonio informativo, tra la freccia scagliata verso il bersaglio e la chiave che apre forzieri e magazzini, fra il remo che ci fa muovere in avanti e la bussola che indica la direzione da seguire. Con le nuove tecnologie dovremo cercare di togliere alla manipolazione il suo carattere mistificatorio, per restituirle il valore d’aiuto che la mano ha per la mente.
Manipolazione non dovrà più essere quel subdolo gioco sulla decontestualizzazione dei messaggi, sulla comunicazione che tende a nascondere i comportamenti invece di mostrare coerenza fra messaggio e comportamento, sulla memoria corta e la mancanza di riferimenti dei destinatari. La comunicazione ridondante e rimbombante che insiste sui rituali di produzione/consumo/rifiuto della morente civiltà industriale è fortemente esposta ai giochi di manipolazione. La nuova comunicazione, più attenta all’articolazione dei rapporti fra testo (il messaggio, nella sua completezza multimediale) e contesto (l’ambiente dell’emittente e del destinatario, il sistema di segni e di culture in cui il messaggio si inserisce), apre per tutti la possibilità di manipolare le informazioni ricevute ed emesse. Si profila una risorsa inedita, un orientamento per il futuro, se la nuova modalità comunicativa coinciderà con il coltivare, col separare il grano dalle erbacce, con il montare e lo smontare meccanismi informativi e culturali, col ridisporre strumenti e procedure per raggiungere i fini desiderati. La manipolazione non andrà più vista come un rapporto di potere, dove il più forte manipola il più debole, ma come un’attività personale alla portata di tutti, un impegno etico ed ecologico volto a bonificare l’ambiente in cui viviamo da messaggi inutili e dannosi, che non tengono conto della trasparenza delle fonti, della chiarezza dei fini, della qualità dei mezzi.
Indicazioni bibliografiche
J. D. Bolter, Lo spazio dello scrivere: computer, ipertesti e storia della scrittura, Vita e Pensiero, Milano 1993.
G. e R. Carraro, Viaggio nel futuro. Informatica, cultura, multimedia, Apogeo, Milano 1992.
G. degli Antoni, Realtà artificiale: una silenziosa rivoluzione cognitiva, Tecnos, Milano 1991.
R. Grandi, I mass media fra testo e contesto, Lupetti 8c Co., Milano 1992.
D. R. Hofstadter, Godel, Escher, Bach: un Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano 1984.
T. Maldonado, Reale e virtuale, Feltrinelli, Milano 1992.
M. Minsky, Le società della mente, Adelphi, Milano 1989
Multimedia, Comunicazione, formazione e tecnologie, rivista bimestrale, Sonda, Torino
U. Santucci, La comunicazione multimediale, Il Sole 24 Ore Li-bri, Milano 1991.
E. Zolla, Uscite dal mondo, Adelphi, Milano 1992, pp. 19-31.

Edizione elettronica integrale del testo pubblicato in "Manipolazione", Anabasi, 1993
Multimedialità, realtà virtuale e
manipolazione
La mano è per l’uomo il docile e subordinato servitore della mente. L’idea del lavoro «manuale» come attività di rango inferiore rispetto al lavoro «intellettuale» dipende probabilmente da questo. Eppure alla «manualità» vengono riconosciute eccellenza e arte: è alla mano del pittore, del chirurgo, al tocco del pianista, che si attribuiscono produzioni o esecuzioni qualitativamente superiori.
Doppia valenza ha anche il termine manipolazione: secondo una prima accezione, con essa si vuole intendere l’intervento diretto della mano sulla materia. Ma prevale una seconda accezione, simbolica e negativa, che indica un’azione dissimulata nei confronti di qualcuno (non più su qualcosa) di cui si voglia condizionare la psiche e di conseguenza il comportamento.
La manipolazione ha a che fare quindi sia con la mano sia con la psiche. Manipolatori e manipolati possono conoscersi, come avviene nei rapporti diretti fra persone, o ignorarsi reciprocamente, come avviene per molta comunicazione di massa.
Manipolare individui implica «occultamento»: il destinatario non deve essere informato degli obiettivi reali che ci si aspetta di ottenere da lui. La definizione dell’Oxford Dictionary di to manipulate è: «manage a person by dextrous (expecially unfair) use of influence». II manipolatore deve essere poco trasparente, ma al tempo stesso deve avere influenza (per livello gerarchico, per potere psichico, per denaro, per autorità) e deve saper condurre le persone nella direzione voluta.
Come la stessa mano può dare uno schiaffo o una carezza, può rompere un ramo o coltivare un fiore, la manipolazione può far danno o essere costruttiva, di conforto o di aiuto.
Ma chi manipola chi? E’ difficile dirlo. La manipolazione è possibile quando circola poca informazione. Società segrete, servizi segreti, segreti militari e politici, comportano forti rischi di manipolazione. Ma l’informazione che passa da una frontiera all’altra, che col satellite collega i continenti, ha fatto crollare il muro di Berlino senza nessuna barricata e senza nessuna battaglia. Se è vero che siamo manipolati da informazioni non trasparenti o addirittura ingannevoli, da depistaggi, da commenti di parte, il nostro livello di consapevolezza rispetto alle nostre reazioni e al nostro consenso è tuttavia molto maggiore. E da vittime passive di strategie occulte siamo oggi a nostra volta manipolatori delle emittenti televisive, dell’editoria, dei leader politici e culturali.
La multimedialità
La civiltà postindustriale informatizzata tende al multimediale. L’edicola non vende più solo il giornale, ma pacchetti che contengono carta stampata, compact disc, videocassette, floppy disc. Le grandi concentrazioni editoriali comprendono case editrici, emittenti televisive, agenzie di pubblicità, produzioni audiovisive. Negli ultimi cinquant’anni sono entrati nelle nostre case il quotidiano, poi il telefono, quindi la radio, il registratore magnetico, la televisione,:il fax, il videoregistratore, il personal computer. Il computer si è evoluto da macchina per la scrittura e il calcolo a potente stazione capace di trattare suoni, immagini, parole, numeri, bit, di trasformare linguaggi umani in informazioni digitali facili da elaborare, spedire, duplicare, archiviare, ridecodificare come stampe su carta, musica, immagini a colori, fotografie e persino oggetti tridi-mensionali.
La multimedialità rappresenta oggi la possibilità di trattare, con un unico sistema tecnologico e con una sola stazione di lavoro, linguaggi diversi integrandoli tra loro. L’integrazione tra linguaggi diversi non costituisce una novità: già la tragedia greca o il melodramma italiano integravano parole, musica, danza, scene, immagini. La novità sta nel fatto che la «macchina» per fare tutto ciò sta tutta su un unico tavolo, si collega per telefono con macchine simili in qualsiasi parte del mondo e permette a chi interagisce con essa di essere a1 tempo stesso lettore, autore e regista di una performance.
L’integrazione di linguaggi amplierà le capacita di conoscenza e di comunicazione, rendendo accessibile il superamento di quella spaccatura, che per millenni la comunità umana ha sofferto, tra l’analfabeta, che doveva accontentarsi di immagini e suoni, dipendendo da altri per le necessarie spiegazioni, e 1’alfabetizzato che sapeva leggere, scrivere e far di conto. Ancor oggi ci sono gli specialisti dello scrivere, quelli dell’immagine, quelli della, musica. Domani sarà sempre più frequente trovare persone capaci di maneggiare nella stessa operazione segni alfabetici, numeri, icone, immagini, musica, in una comunicazione sempre più integrata e multimediale.
Trasformabilità reciproca tra codici analogici e digitali
La tecnologia dell’informazione ha sviluppato i sistemi di codifica e decodifica, facilitando la trasformazione della stessa informazione da analogica a digitale e viceversa, e riuscendo a comprimere le informazioni per agevolarne la memorizzazione, l’elaborazione, la trasmissione. Lettere e numeri sono sistemi di comunicazione digitali, combinatori: pochi elementi di base servono a descrivere infiniti argomenti di qualsiasi genere. La rappresentazione ana1ogica consiste nell’usare suoni per esprimere realtà sonore, immagini per esprimere realtà spaziali, movimenti per esprimere realtà cinetiche.
Oggi è possibile «digitalizzare» immagini e suoni, tradurre cioè caratteristiche di forma, colore, timbro, in valori numerici che possono essere elaborati da un computer, trasmessi velocemente da un capo all’altro del globo, immagazzinati in un disco. Ed è possibile ridecodificare i dati numerici indifferentemente in suoni, immagini o quant’altro.
E’ il regno della manipolabilità, nel senso che è possibile intervenire su qualsiasi informazione come si fa con la creta. Non a caso i manuali di istruzioni per 1’uso suggeriscono di non esagerare con le manipolazioni, pena le «marmellate informatiche».
Virtualità
La possibilità di elaborare le informazioni digitalizzate ci porta a considerare un’altra caratteristica della multimedialità: la virtualità. L’oggetto fisico si dissolve nel suo «doppio» informatico, che in un gioco di specchi lo rimanda ad altri oggetti, ad altre materie, ad altre funzioni.
A differenza della macchina industriale, predisposta a svolgere quell’unica funzione per la quale è stata costruita, ogni tasto del computer fa una cosa ma può farne anche una qualsiasi altra: basta «dirglielo». Il monitor può rappresentare le immagini con diversi livelli di accuratezza: basta «dirglielo». Il computer può simulare altri computer, così come può simulare ambienti disparati di lavoro. Nella scrittura al computer il virtuale e il reale si ribaltano in ogni momento 1’uno nell’altro: se da una parte possiamo produrre da soli uno stampato, dall’altra lo stampato vede ridotta la propria ufficialità e può costituire un semplice appunto momentaneo, una traccia da leggere e gettare.
Portatilità
La tecnologia tende a miniaturizzare sistemi e apparecchiature, rendendoli mobili e portatili. Strumenti nati per servire una collettività o un gruppo di persone tendono a diventare personali. Il fenomeno è già accaduto al libro. All’inizio era un grande volume in folio, messo su un grosso leggio al centro del coro dei monaci e letto durante un rituale collettivo. Man mano è diventato più piccolo, meno impegnativo, fino a diventare il pocket book.
Ed è accaduto anche all’orologio, che all’inizio era un intero edificio, poi ne fu una parte (la meridiana, 1’orologio sulla torre), quindi fu ridotto a dimensioni minime e diventò 1’orologio personale da portare al polso o nel taschino.
L’elettronica ha reso il fenomeno clamoroso. La valvola termoionica, grande come una lampadina, è diventata un transistor, piccolo quanta una caramella. Tanti transistor, montati su una scheda delle dimensioni di un foglio protocollo, sono stati ridotti in uno stampato piccolo quanto un bottoncino. II processo è continuatu con la VLSI, la very large scale of integration, alta tecnologia che può ridurre un intero calcolatore in un chip, una sottile pillola di silicio. Oggi il computer che sta nella valigetta ventiquattrore equivale in potenza e velocità di calcolo a qualcosa che nei primi anni ’50 occupava parecchie stanze. La stessa valigetta può contenere anche un telefono cellulare, un fax, una stampante e un modem che permetta di inviare e ricevere per telefono i dati del computer. Si può portare con sé l’intero ufficio, riducendo cosi le possibilità di manipolazione da parte delle gerarchie e aumentando la possibilità di manipolare le componenti della propria attività rispetto alle esigenze del momento.
Telematica
Un sistema telematico di uso comune è il fax (telefax significa trasmissione a distanza di un facsimile). La cosa straordinaria che il fax consente è il fatto di spedire una lettera via telefono, una lettera che rimane in mano nostra e si riforma dall’altra parte della linea. Lo scambio di informazioni, a differenza della scambio di merci, non priva di nulla colui che le invia.
In campo telematico, la più recente conquista è il già citato modem, un apparecchio che trasforma i dati digitali del computer in suoni (frequenze) da trasmettere per normale via telefonica. Esso permette di ricevere informazioni da qualsiasi luogo, di elaborarle e correggerle, di trasformarle in un testo diverso e di rispedirle in qualsiasi altro luogo. Il modem si serve delle normali linee telefoniche. Ma una rete internazionale con tecnologia molto avanzata è stata appena lanciata e presto sarà diffusa in tutto il mondo. Si tratta dell’ISDN, integrated system digital network, che trasforma qualsiasi informazione in dato digitale ed è quindi in grado di trasmettere parole, immagini, suoni, molto velocemente e a costi limitati.
Anche la comunicazione a distanza non è nuova. Dai segnali di fumo della preistoria all’invio di lettere con la ferrovia, dal tam-tam at telefono e al telegrafo, dagli araldi alla radio e alla televisione, abbiamo sempre cercato di accorciare le distanze. La telematica permette oggi il trasferimento di dati in tempo reale, da un computer all’altro, servendosi di linee telefoniche.
Oggi è possibile far collaborare a uno stesso progetto scienziati residenti in luoghi tra loro lontani, facendo circolare istantaneamente solo le loro idee. Si può collaborare a un medesimo progetto con persone mai fisicamente incontrate. Si disgrega così anche la tradizionale funzione del luogo di lavoro: decade improvvisamente la necessità di recarsi in ufficio, se le stesso urgente lavoro può essere svolto ovunque e inviato istantaneamente all’altro capo del mondo.
Interattività
Se 1’interazione è il comportamento reciproco di due sistemi nel momento in cui entrano in contatto tra loro, col termine interattività si vuole intendere la capacità di due sistemi di agire l’uno sull’altro, modificando le loro reciproche esperienze e comportamenti, a seguito delle interazioni avvenute. La sequenza che va dalla battitura di un tasto della macchina da scrivere alla stampa sul foglio del carattere corrispondente è un’interazione, ma la macchina da scrivere è in grado solamente di rispondere alla pressione sul tasto con quell’unico esito. Operando invece con un «sistema esperto», quale ad esempio un correttore ortografico, il sistema è in grado di confrontare le parole ricevute con quelle che ha precedentemente memorizzato e di evidenziare a chi scrive gli eventuali errori. Nel caso non si tratti di un errore ma di una parola che ancora non conosce, il sistema aggiungerà alla propria memoria la parola nuova. In tal modo il sistema continua a «imparare», divenendo così un correttore sempre più esperto.
Esistono sistemi esperti ben più complessi, come robot che «imparano» da un operatore manuale alcuni movimenti che poi sono in grado di riprodurre in una lavorazione in serie.
L’interattività permette di esaminare un edificio da punti di vista diversi, come se si stesse su un elicottero. Nei giochi di simulazione, a ogni nostro intervento su uno scenario determinato il computer calcola le conseguenze e aggiorna lo scenario. Ci sono diversi tipi di giochi di simulazione, il più complesso è il simulatore di volo, con cui i piloti si addestrano per imparare a volare. Nel posto di pilotaggio di un simulatore, al posto del reale parabrezza vi sono schermi che riproducono una realtà geografica artificiale. E’ su di essa che ci si alza in volo. Se si entra in un banco di nebbia, le immagini sugli schermi si appannano e i co1ori tendono al grigio. Se l’aereo cambia assetto inclinandosi, le linee d’orizzonte del simulatore si incliaano allo stesso modo.
I moderni personal computer con estensioni multimediali (lettore di CD-ROM, scheda audio, microfono, altoparlanti) ci mettono in condizione di interagire con corsi di lingue, programmi di musica, matematica, scienze, titoli di storia dell’arte, ecologia, enciclopedie e dizionari, giochi. Per esempio, vi sono CD-ROM che contengono tutta una città d’arte come Venezia, in cui si può «navigare» per vedere monumenti, opere d’arte, per conoscere notizie storiche, per ascoltare la musica di Vivaldi.
Se 1’interattività è già molto efficace in un sistema chiuso (il simulatore di volo, il personal computer) essa diventa straordinariamente potente in una rete telematica. Abbiamo già fatto l’esempio di un gruppo di progetto i cui collaboratori siano distribuiti in luoghi diversi: se i singoli componenti del gruppo hanno la possibilità di collegarsi con una banca dati che li metta in contatto con le biblioteche più importanti del mondo, il progredire della ricerca ne viene immensamente avvantaggiato. Tutto ciò è già possibile, ma comincia solo ora a diventare multimediale. Quando la multimedialità, ovvero la possibilità di organizzare archivi che contengano parole, suoni e immagini, sarà normalmente diffusa, si potranno consultare e utilizzare grandi patrimoni di conoscenza integrata: oltre a ottenere le informazioni desiderate, potremo vedere le immagini corrispondenti (quadri, edifici, piani urbanistici, pezzi meccanici, campioni merceologici, eccetera), potremo sentirne il suono (rumori di lavorazione, suoni tecnici, voci di animali, rumori e suoni fisiologici come il battito del cuore o il respiro, e naturalmente musica).
L’ipertesto
Quanto più un navigatore basa la rotta sui propri sensi e sulle informazioni che è in grado di tenere direttamente sotto il proprio controllo cosciente, tanto più i rischi di naufragio sono alti. Il navigatore può vedere solo una piccola parte di mare e non sa che cosa può accadergli un’ora o un giorno più tardi. Anche nel mare del sapere si può tenere presente e gestire solo un numero limitato di informazioni. Tutti i libri di consultazione, dalle enciclopedie ai manuali di storia, geografia, finanza, sano archivi di informazioni che permettono di liberare la stazione dalla quale si opera (che può essere la nostra mente e il tavolo da lavoro) di tutto ciò che non serve al momento, accedendo alla loro consultazione se e quando necessario. L’archiviazione deve essere fatta in modo da non occupare spazio eccessivo, nè la consultazione deve richiedere troppo tempo: le informazioni devono poter essere ritrovate con procedimenti facili e rapidi. Fin dall’antichità la biblioteca raccoglie una grande quantità di libri, li cataloga in vari modi (per autore, per argomento, per anno di edizione), organizza i cataloghi in ordine alfabetico, contrassegna scaffali e ripiani con combinazioni di lettere e numeri in modo tale da garantire 1’individuazione inequivocabile di un testo cercato. Con analogo criterio, all’interno del singolo libro, gli indici rimandano alla numerazione delle pagine. Enciclopedie, dizionari e guide, riferiscono le singole voci ad altre per maggiori approfondimenti. Un testo, ovvero ogni singola voce, è dunque organizzabile in una complessa rete che la collega ad altri testi, una sorta di foresta invisibile, fatta di tanti alberi le cui chiome e radici si intrecciano fra loro. I testi sono organizzati in un insieme che li supera e li contiene, una struttura invisibile, accessibile in qualsiasi momento, capace di collegare con criteri logici i singoli testi. Se testi e strutture sono organizzati in un sistema informatico, si parla di ipertesto.
Le prime teorie sull’ipertesto furono proposte da Vannevar Bush nel 1945 per un sistema di archiviazione basato su microfilm e da lui studiato per il presidente Roosevelt. Ma solo oggi il computer ha reso possibile e accessibile a molti la rapida gestione dello storage and retrieval, 1’archiviazione e il ritrovamento delle informazioni, e quindi lo sviluppo commerciale dell’ipertesto. Il testo si legge dall’inizio alla fine, come un racconto, un romanzo, un processo logico deduttivo. Con l’ipertesto ci si sposta per associazioni da un argomento all’altro ed è possibile tornare indietro, fino al punto di partenza. L’ipertesto si basa su quella che in informatica viene definita «interfaccia utente amichevole», ovvero su una simulazione grafica che appare sul monitor del computer e mostra nel modo più intuitivo possibile («amichevole») come muoversi fra le informazioni archiviate nell’ipertesto. L’interfaccia utente prevede che ci si muova per mezzo del mouse, un «topolino» di plastica che si tiene in mano e si sposta sul tavolo. Al posto delle zampette, il mouse ha una pallina mobile che tocca la superficie del tavolo e che muovendosi fa girare due rotelline poste al suo interno, che trasmettono al computer una i valori di x, l’altra i valori di y. Il computer è cosi in grado di localizzare gli spostamenti del mouse e di indicarli sul monitor. Qualora ci si perda inseguendo successive consultazioni, un buon ipertesto ricorda i movimenti fatti ed è in grado di ritornare indietro, in qualunque punto della consultazione, e negli indici che permettono una visione generale degli argomenti.
Se il testo è qualcosa di immutabile, da leggere così come è stato scritto dall’autore, 1’ipertesto è concepito in partenza come qualcosa di manipolabile. Ci sono ipertesti che prevedono l’intervento del fruitore e gli permettono di scrivere nuove frasi, fare calcoli, aggiungere dati, cambiare forme e colori. Un ipertesto con ampie possibilità di apertura e di combinazione con altri ipertesti può dar luogo ad aggregazioni che non erano state previste dagli autori. Il testo è uno strumento di manipolazione a disposizione dell’autore, in quanto predispone una sequenza rigida di avvenimenti e argomentazioni. E’ la stessa sequenza a determinare l’importanza e il significato di un enunciato all’interno di essa. L’ipertesto invece è uno strumento di manipolazione a disposizione del fruitore, perchè è lui che decide se restare sulle generali o entrare nei particolari, che sceglie gli argomenti da approfondire, che in qualsiasi momento può tornare a una visione generale del problema.
La realtà virtuale
Stando al centro di Piazza del Duomo a Milano, con un’occhiata è possibile vedere tutta la facciata della chiesa. Ma per vedere nei particolari la Madonnina, bisogna salire sul tetto del Duomo.
Il monitor del computer è una finestra virtuale attraverso cui osservare porzioni altrettanto virtuali del mondo; questo accade davanti a qualsiasi monitor, dallo schermo televisivo al display del computer portatile. Con la televisione non sono io a scegliere la porzione di ciò che voglio vedere: altri hanno orientato la loro telecamera sulla porzione di realtà che ritengono possa interessarmi. Con il computer si può ingrandire una parte di ciò che si vede sul monitor, avvicinando virtualmente il proprio osservatorio in modo da inquadrare solo il particolare che interessa. Le dimensioni del monitor rimangono uguali, cambiano solo le inquadrature. Il monitor è come una finestra che si apre su una realtà più ampia, o meglio è come 1’oblò di un sommergibile con cui ci si muove entro un ambiente di cui si vede solo ciò che appare dentro l’oblò. Ma la realtà che sta oltre il monitor non esiste fisicamente, è calcolata di volta in volta dal computer, è dunque una realtà virtuale.
Siamo rimasti a lungo al di qua dello schermo televisivo, che lanciava messaggi in una sola direzione, da sé verso di noi. Col telecomando e il videoregistratore abbiamo acquisito la capacità di scegliere fra tutto ciò che avveniva all’interno del monitor, ma continuiamo a restare al di qua del monitor. Con una telecamera possiamo inserirci nel monitor, ma ciò che vi entra è solamente la nostra immagine: noi restiamo sempre al di qua. Pare che non ci sia concesso di entrare davvero nel monitor. Astolfo che va sulla luna in groppa all’Ippogrifo, Alice che entra nel Paese delle Meraviglie, sono soltanto favole. Noi restiamo nella nostra realtà.
Ci ha sempre affascinato la possibilità di rappresentare uno spazio tridimensionale: basti pensare alla ricerca prospettica della pittura rinascimentale. La computergrafica ci ha permesso di costruire oggetti con le tre coordinate x, y, z e di muoverli in uno spazio vrtuale. Le sigle televisive che ci danno l’impressione di volare su paesaggi artificiali, girando intorno a oggetti ed entrando in essi, sono realizzate con programmi di grafica tridimensionale. Ma non si tratta ancora di una vera percezione tridimensionale: per ottenerla è necessario che la nostra visione sia binoculare, poiché è la convergenza dei nostri due occhi a darci la sensazione della profondità spaziale. Per riprodurre artificialmente la visione binoculare si è creato un casco con due piccoli monitor, uno per occhio. Il computer invia ai monitor due immagini leggermente sfalsate, come quelle che effettivamente vedono i nostri due occhi: è il cervello a operarne la sintesi, dandoci l’illusione della tridimensionalità. Il mouse si muove su un piano (bidimensionale). Per orientarci nelle tre dimensioni non è più sufficiente. Allo scopo è stato studiato un «guanto tridimensionale» o 3D glove che si indossa su una mano per trasferirne i movimenti a una mano virtuale che vediamo nel monitor. Altri sensori possono essere applicati a una tuta, cosa che ci permette di trasferirci con tutto il corpo all’interno del programma, di muoverci e di operare dentro di esso. Se giriamo la testa, l’ambiente scorre davanti ai nostri occhi in base al nostro movimento. Se con la mano afferriamo un oggetto e lo scagliamo lontano, l’oggetto volerà e cadrà nello spazio virtuale in base alla forza con cui lo abbiamo scagliato. Questi sono i principi di funzionamento della realtà virtuale, che è ancora ai primi passi, ma che già ha rotto la barriera ideale fra noi e il monitor. Saltar dentro un ambiente di realtà virtuale è un’esperienza ben diversa dall’assistere alla norma1e proiezione di un film. Elemire Zolla si è entusiasmato di fronte a questa nuova opportunità e ha immaginato che essa possa costituire una pratica meditativa di «uscita dal mondo», sulla scia delle antiche pratiche spirituali dei mistici e degli sciamani. C’è chi ne coglie il puro aspetto ludico, chi immagina addirittura il sesso virtuale, e già sono stati prodotti videogame dove ci si deve difendere con le mani da piccoli aerei che sembrano venirci addosso. A tutt’oggi i media, specialmente i settimanali di grande diffusione, hanno presentato la realtà virtuale come qualcosa di magico e di fantastico, con cui è possibile viaggiare in paesi lontani senza muoversi da casa, perdersi in mondi di sogno, vivere da protagonisti avventure straordinarie. In realtà la rappresentazione grafica degli ambienti virtuali per ora è ancora piuttosto schematica e i computer con caschi e guanti sono ancora troppo costosi. Nondimeno la strada imboccata avrà certamente notevoli possibilità di utilizzazioni professionali. In campo scientifico ad esempio, si potrà prendere in mano una molecola virtuale e plasmarla come se fosse un oggetto reale, cambiandone la struttura nelle tre dimensioni e ottenendo in tal modo una molecola diversa. Si potrà entrare virtualmente in realtà le cui dimensioni sono oggi inaccessibili - come la doppia elica del DNA o una galassia – e manipolarle. Si potranno ricreare virtualmente oggetti e ambienti tridimensionali inesistenti, ma capaci di rappresentare problemi filosofici, psichici, linguistici, per poterne manipolare le componenti come se si trattasse di oggetti fisici da spostare e combinare per vedere che cosa succede. Per esempio le componenti sintattiche di un periodo potrebbero combinarsi fra loro in una struttura ad albero che faccia vedere la proposizione principale, le coordinate e le subordinate. Il taglio di un ramo, lo spostamento di un elemento, potrebbero dar luogo a diverse forme letterarie del periodo. La manipolazione acquisterà così una dimensione euristica, perchè potrà essere applicata a realtà immateriali, a strutture concettuali e organizzative, a costruzioni logiche complesse. Azzardando delle ipotesi, si potranno studiare strutture di pensiero bidimensionali (una deduzione logica), tridimensionali (un sistema organizzativo con piani orizzontali, linee gerarchiche, proiezioni future) e non euclidee (comportamenti coscienti e desideri subconsci), ma invece di formulare ipotesi e trarre conseguenze mentalmente, si potrà modificare un elemento manualmente (in senso virtuale) per vedere come questo inciderebbe sulla struttura nel suo complesso, razionalizzandone a posteriori il processo.
Uno scenario possibile
Il nostro futuro potrebbe essere quello di soggetti capaci di ricevere una grande quantità di informazioni e di prendere quelle che ci servono, facendole crescere in un rigoglioso sistema di conoscenza.
La comunicazione di massa ci ha portato a gridare sempre più forte, in un clamore nel quale le informazioni si muovono con difficoltà crescente, ci ha sommerso di tanti e tali messaggi da renderci pressoché impossibile distinguere l’utile dal superfluo, il vero dal falso. Oggi dobbiamo inventare nuovi modi di comunicare non assordanti, ma che consentano l’accesso e la selezione delle informazioni richieste a chi le desidera. La civiltà industriale doveva realizzare economie di scala, perché i costi di produzione diminuivano quanto più aumentava la quantità dei beni prodotta. L’ideale per l’industria era fare un prodotto uguale per tutti, da vendere a tutti. La catena di montaggio era concepita in modo da produrre la massima quantità nel minor tempo possibile. Anche per l’informazione, un solo giornale che accontentasse il maggior numero di persone era preferibile a tanti giornali da stampare in un numero di copie ridotto. La pubblicità martellante e ripetuta era l’unica forma con cui si comunicava al grosso pubblico l’esistenza di un prodotto da acquistare.
La civiltà postindustriale si fonda sulle tecnologie dell’informazione. La catena di montaggio robottizzata e pilotata da computer è flessibile, nel senso che la stessa catena può produrre oggetti con caratteristiche diverse. La rapidità doelle informazioni permette di ottimizzare i flussi tra produzione, magazzini, distribuzione, consumo. Oggi non c’è più bisogno di riempire i magazzini con grandi scorte, perché si può produrre solo quello che i clienti chiedono. Anche nella comunicazione i mass media tendono a frantumarsi e a differenziarsi a seconda del luogo in cui arrivano o del tipo di pubblico che intendono raggiungere. Dalla comunicazione di massa stiamo evolvendo verso una comunicazione personale. Oltre il giornale e la televisione ci sono il fax e il Videotel. Le nuove tecnologie permetteranno la moltiplicazione di linee telefoniche e di stazioni televisive, con possibilità di scelta più ampie e articolate. Già adesso ci sono stazioni televisive che trasmettono solo sport o notizie.
Gli strumenti della comunicazione, il telefono, la fotocopiatrice, il fax, il computer, sono già diventati portatili, tascabili, personali. Anche i messaggi devono arrivare a muoversi a livello personale. Non dovremo aver bisogno di comprare un giornale uguale per tutti, ma potremo collegarci con banche dati che ci inviano solo le notizie che ci servono. Le nuove tecnologie ipertestuali e telematiche ci aiuteranno dandoci ampi quadri di riferimento e permettendoci di accedere nel più breve tempo possibile alle informazioni che ci occorrono, fino al livello di approfondimento che desideriamo, riducendo la confusione e il rumore. Non più e non solo manipolati dai mass media, diventeremo sempre più manipolatori dei media, di linguaggi, di messaggi. Ma dobbiamo prepararci a questi nuovi scenari. Dobbiamo imparare a distinguere tra messaggio attivo e patrimonio informativo, tra la freccia scagliata verso il bersaglio e la chiave che apre forzieri e magazzini, fra il remo che ci fa muovere in avanti e la bussola che indica la direzione da seguire. Con le nuove tecnologie dovremo cercare di togliere alla manipolazione il suo carattere mistificatorio, per restituirle il valore d’aiuto che la mano ha per la mente.
Manipolazione non dovrà più essere quel subdolo gioco sulla decontestualizzazione dei messaggi, sulla comunicazione che tende a nascondere i comportamenti invece di mostrare coerenza fra messaggio e comportamento, sulla memoria corta e la mancanza di riferimenti dei destinatari. La comunicazione ridondante e rimbombante che insiste sui rituali di produzione/consumo/rifiuto della morente civiltà industriale è fortemente esposta ai giochi di manipolazione. La nuova comunicazione, più attenta all’articolazione dei rapporti fra testo (il messaggio, nella sua completezza multimediale) e contesto (l’ambiente dell’emittente e del destinatario, il sistema di segni e di culture in cui il messaggio si inserisce), apre per tutti la possibilità di manipolare le informazioni ricevute ed emesse. Si profila una risorsa inedita, un orientamento per il futuro, se la nuova modalità comunicativa coinciderà con il coltivare, col separare il grano dalle erbacce, con il montare e lo smontare meccanismi informativi e culturali, col ridisporre strumenti e procedure per raggiungere i fini desiderati. La manipolazione non andrà più vista come un rapporto di potere, dove il più forte manipola il più debole, ma come un’attività personale alla portata di tutti, un impegno etico ed ecologico volto a bonificare l’ambiente in cui viviamo da messaggi inutili e dannosi, che non tengono conto della trasparenza delle fonti, della chiarezza dei fini, della qualità dei mezzi.
Indicazioni bibliografiche
J. D. Bolter, Lo spazio dello scrivere: computer, ipertesti e storia della scrittura, Vita e Pensiero, Milano 1993.
G. e R. Carraro, Viaggio nel futuro. Informatica, cultura, multimedia, Apogeo, Milano 1992.
G. degli Antoni, Realtà artificiale: una silenziosa rivoluzione cognitiva, Tecnos, Milano 1991.
R. Grandi, I mass media fra testo e contesto, Lupetti 8c Co., Milano 1992.
D. R. Hofstadter, Godel, Escher, Bach: un Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano 1984.
T. Maldonado, Reale e virtuale, Feltrinelli, Milano 1992.
M. Minsky, Le società della mente, Adelphi, Milano 1989
Multimedia, Comunicazione, formazione e tecnologie, rivista bimestrale, Sonda, Torino
U. Santucci, La comunicazione multimediale, Il Sole 24 Ore Li-bri, Milano 1991.
E. Zolla, Uscite dal mondo, Adelphi, Milano 1992, pp. 19-31.

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